Destagionalizzazione? Ora basta!

Giu 27, 2017 | Destination marketing | 0 commenti

Destagionalizzazione is the new black 

Destagionalizzazione. Questa è la parole d’ordine di ogni strategia turistica sostenibile a cui ormai siamo abituati, la panacea di tutti i mali, ma ora basta! Basta perché mi ha stufato. Basta perché sembra che sia sufficiente convocare una conferenza stampa e pronunciare questa parola per aver magicamente già fatto metà del lavoro e aver risolto il problema. Basta!

La destagionalizzazione nasce da un principio condivisibile, distribuire nell’arco dell’anno i visitatori affinché si generi una spesa turistica lungo tutto l’arco dell’anno e non concentrata esclusivamente in pochi mesi. Perché allora la forte stagionalità dei flussi turistici è un problema ancora irrisolto?

Nonostante le varie task force di esperti abbiano partorito più di una soluzione al problema, nessuna di queste sembra aver mai dato la spinta decisiva. A poco sono serviti i tanti sforzi da parte del sistema Italia nell’indirizzare il turismo in certe vie (tortuose) e spesso purtroppo a senso unico.

Il nuovo Piano Strategico del Turismo dell’ENIT sottolinea l’importanza di “destagionalizzare” per la strategia turistica complessiva dell’Italia, portare i turisti alla scoperta delle zone interne del Paese valorizzando borghi e piccoli centri. Condivisibile e bellissimo ma forse irrealizzabile se si propone un’offerta delle zone interne negli stessi mesi di picco estivo. Ci troviamo di fronte ad un circolo vizioso se si cerca di destagionalizzare spostando i flussi turistici dalle coste all’interno nei mesi estivi. Le motivazioni di viaggio dei turisti che affollano le spiagge in estate potrebbero non coincidere con i presupposti della sagra del prodotto X  nel centro di una qualsiasi regione italiana. Questo primo problema è dovuto spesso ad uno scollamento tra la percezione del livello decisionale nazionale e la percezione del livello del tessuto imprenditoriale locale.

Dunque le zone interne possono aiutare a destagionalizzare? Forse, senza troppa convinzione. Il vero problema è la mancanza di offerta nei mesi non estivi. Le zone interne potrebbero avviare un lento ma continuo incremento dell’offerta nei mesi autunnali o invernali, sfruttando però prodotti maturi come il mare, ad esempio. Qui possiamo aprire un lungo discorso sul turismo di massa e sui costi/benefici di quest’ultimo, ma affronterò l’argomento in un altro momento, promesso.

Chi si deve far carico della destagionalizzazione?

Sia chiaro, massima fiducia ai piccoli borghi d’Italia, alle nuove politiche in questo senso, ma gli unici soggetti che possono permettere la vera destagionalizzazione sono gli operatori economici dei vari territori. L’offerta degli operatori della ristorazione, della ricettività e di tutti i servizi che possono costituire un’offerta integrata può costituire la base per la destagionalizzazione. Quindi le imprese possono fare da sole? No. Possiamo gestire e sviluppare il flusso turistico in maniera intelligente aiutando gli imprenditori e gli operatori turistici nel costituire un’offerta coerente con le linee strategiche sovraordinate.

Cosa si può fare per distribuire i turisti durante tutto l’anno? Riassumo:

  1. sfruttare i grandi flussi estivi per far conoscere l’offerta “secondaria” del territorio e nel mentre raccogliere informazioni, studiare e analizzare i dati;
  2. avviare un lento ma costante incremento dell’offerta nei mesi non estivi sulla base delle informazioni estrapolate;
  3. favorire l’iniziativa delle imprese locali e coordinare l’offerta integrata attraverso una strategia ben elaborata.

Sarà davvero l’anno dei borghi?